domenica 18 maggio 2014

Gente come lei

"Gente come lei viene qui a portar via i nostri soldi!"
Ho alzato il capo dalla scrivania e incrociato lo sguardo severo del paziente seduto di fronte a me.
Concentrata nel tentativo di capire la situazione, avevo per un attimo perso il filo del discorso. In realtà avevo notato il tono di disprezzo e scherno, poco prima, quando si era accorto del mio accento palesemente toscano. Pensavo scherzasse, anche se, per non saper né leggere né scrivere, avevo evitato di sorridere. Il modo con cui mi guardava ora, però era inequivocabile, più delle sue parole.
Era stato inviato in consulenza urgente da un collega oncologo, era entrato nell'ambulatorio poco prima con la figlia. Appena lo avevo visto camminare avevo notato quanto grave fosse il problema.
Stavo pensando al modo migliore per escludere le cause più gravi del disturbo, quando ho sentito pronunciare quella frase.
Lì, di fronte a me avevo un signore di mezz'età, ben vestito e con un lessico piuttosto ricco, malato, forse gravemente, che mi rinfacciava, con severa lucidità, di aver preso armi e bagagli ed essermi trasferita nella sua regione per usurpare un posto di lavoro ai suoi conterranei e godermi dei soldi che non mi sarebbero dovuti spettare.
Se avessi avuto più tempo, quel lunedì, mi sarebbero venuti alla mente vari ricordi.
Due anni e mezzo fa: parlando con il mio capo di allora ho inequivocabilmente capito che per me, nel luogo dove mi ero formata e avevo lavorato per anni, non c'era posto.
Due anni fa: mi sono iscritta ad un concorso per un lavoro fuori regione e giunta in questo paese dall'aspetto non entusiasmante ho pensato che sebbene quel posto non fosse certo la mia massima aspirazione, forse l'unica cosa da fare era iniziare a ridimensionare le mie aspirazioni in base alle possibilità reali.
Un anno fa: ho ricevuto la chiamata per il lavoro e dopo un mese fatto di tormento interiore e incredulità ho trovato una casa nuova in un paese che non mi piaceva e con l'auto carica mi sono trasferita lì, conscia che in realtà avevo avuto molta più fortuna di diversi altri colleghi che non avevano ancora avuto la stessa opportunità.
Pochi giorni prima della visita; quando mi ero resa conto di quanto fosse cambiata la mia vita in poco tempo, ma anche quanto più complicata e vuota fosse diventata.
Ma non avevo tempo di soffermarmi su questi pensieri. Dovevo raccogliere informazioni, visitarlo, scrivere una relazione e proseguire con il paziente successivo, poi con quello dopo e così via.
Quindi ho abbassato lo sguardo sui fogli sparsi sul tavolo, ho proseguito la visita, consegnato i documenti e l'ho salutato.

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