giovedì 22 maggio 2014

Pregiudizi

Sarà perché io gli scrittori li idolatro. Mi aspetto che siano persone al di sopra della norma, con capacità e qualità sovrumane. Non parlo di integrità morale (non esser viziosi, non sperperare denaro o frequentare bordelli), mi riferisco all'integrità intellettuale. Le loro menti sono capaci di generare storie e personaggi che diventano reali e occupano uno spazio fisico nel mio mondo, riescono a non farmi dubitare mai dell'esistenza di Macondo, mi fanno vedere gli occhi tristi di Oliver Twist in orfanotrofio o mi portano a girellare per New York con Holden Caufield. Quelle menti non possono essere contenute nella scatola cranica di persone comuni e un po' grigie, come me. O meschine, o razziste. 
Per questo la scoperta di alcuni dettagli sgraditi della storia privata di qualcuno di loro mi ha fatto disamorare nei confronti delle loro opere. Vi avverto, sto per scrivere vere e proprie "oscenità". 

Il vecchietto delle anatre
Ero alle medie quando ho letto L'Anello di re Salomone, forse il lavoro da scrittore più famoso di di Konrad Lorentz. Nelle fotografie appare sempre come un affabile, canuto e panciuto vecchietto, di quelli che ispirano simpatia. In realtà era un etologo molto conosciuto nell'Austria dei suoi tempi, poi vincitore del Nobel per la medicina. In quel testo racconta, in modo molto piacevole, il metodo con cui studiava e influenzava i comportamenti degli animali. In particolare ricordo il racconto sulle anatre; sostituitosi a madre anatra, al momento della nascita degli anatroccoli, era stato riconosciuto da loro come vera figura materna e da allora era seguito ovunque da questo corteo di anatroccoli, riuscendo  così a studiarne il linguaggio e il comportamento. 
Molti anni dopo, con ancora quel ricordo tenero dell'adolescenza, ho scoperto chi fosse davvero Lorentz. Si dà il caso che la "l'Austria dei suoi tempi" fosse quella del Terzo Reich. Si dà il caso inoltre che lui non solo fosse nazista, ma perfino un teorico dell'eugenetica e esprimesse pensieri tipo questo: « Dovere dell'eugenetica, dovere dell'igiene razziale dev'essere quello di occuparsi con sollecitudine di un'eliminazione di esseri umani moralmente inferiori più severa di quella che è praticata oggi. Noi dovremmo letteralmente sostituire tutti i fattori che determinano la selezione in una vita naturale e libera" (preso in prestito da wikipedia). Questo scoperta ha sporcato talmente il mio giudizio da provare ancora un certo disgusto nel ricordo , fortunatamente sbiadito, di quella lettura. 

Il genio francese

Se per Konrad la brutta scoperta è avvenuta anni dopo aver terminato la lettura, mi è andata peggio con un grande scrittore francese. Sì. Sul serio. Parlo di Louis Ferdinand Céline. Parlo di Viaggio al termine della notte. Dire che mi stesse piacendo non è appropriato. Avevo sotto gli occhi un capolavoro della letteratura. 
Cosa può rovinare l'idilliaco rapporto che si crea tra un lettore e una storia con tutte le caratteristiche per poter diventare un punto di riferimento culturale? Ebbene, anche il caro Céline (come forse tutti, tranne me, già sapevano), medico, laureatosi con una tesi sul dottor Semmelweis (un ginecologo che per la prima volta nella storia aveva osato divulgare il fatto che i medici, udite udite, devono lavarsi le mani tra una visita e l'altra, per evitare morti per sepsi puerperale nelle pazienti - ma meglio non divagare), che aveva lavorato come medico dei poveri a Montmartre, quell'ometto che sembra consumato dalla vita, originalissimo anche linguisticamente, dalla incontestabile genialità, era anche lui un feroce antisemita. Così come Lorentz era un "teorico" dell'antisemitismo, argomento affrontato in alcuni pamphlet tra cui la Bagatelles per un massacro. Come dice Carlo Bo (trafugato nottetempo da wikipedia): « Negli anni Trenta, Céline vantava (forse più di ogni altro) un bel curriculum di antisemita, ma dopo il '40 andò oltre imboccando un razzismo scientifico, quale a suo avviso neppure i nazisti osavano sperare… Non si può non continuare a chiederci come mai uno scrittore di quella forza e di quella novità si sia lasciato trascinare da uno spirito più che polemico, predicatore di morte e di rovine. » Con vergogna ammetto di non esser riuscita a proseguire la lettura di Viaggio al termine della notte. Una delusione cocente, niente a che vedere con quella di Lorentz. 

La giornalista fiorentina

Un accenno rapido ad un'altra situazione simile. In questo caso il discorso sarebbe più profondo e il pregiudizio è influenzato dalla mia ignoranza sulla reale visione del mondo di questa scrittrice. Parlo di Oriana Fallaci. Non ho letto molto di suo, solo Lettera ad un bambino mai nato. Questo per un motivo preciso: La rabbia e l'orgoglio. Quando ho letto l'articolo sul Corriere, il 29 Settembre 2001, ancora, come tutti, frastornata dagli avvenimenti recenti, mi ha provocato rabbia e disgusto. Nell'articolo la Fallaci a partire dai tragici eventi dell'11 Settembre, racconta la sua visione sul mondo islamico, fatta di giudizi perentori e molto negativi su un'intera cultura. Ho pensato che fosse stato scritto sull'onda emotiva dei fatti e quindi carico di una eccessiva acredine che rende qualsiasi visione offuscata dall'odio e insopportabile. Ho trovato tuttavia incredibile che una giornalista e scrittrice del suo calibro, con la sua intelligenza, finisse in quel gorgo. Da allora non ho letto altro di suo.

Temo che il mio problema risieda nella incrollabile speranza, eccessivamente ingenua, che alcuni principi etici prescindano dalla contingenza, e che possano accomunarci tutti. 
Se è vero, chi più di un artista dovrebbe incarnare questo concetto? Ma ho come il dubbio non lo sia. 
Ancora mi chiedo se l'opera possa davvero essere considerata a sé. Certi giorni riesco quasi a convincermi di questo e mi vergogno dei miei pregiudizi. 
Nessuna debolezza o mostruosità di Konrad, Louis Ferdinand o Oriana dovrebbe essere in grado di annebbiare il mio giudizio sulle loro opere.  

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